Marta Putelli
Dopo le prime tre interessanti edizioni della Triennial of Contemporary Art by the Sea, sulle coste delle fiandre occidentali è stata presentata, questa estate, una nuova Triennale denominata Beaufort 04, curata da Philipp Van den Bossche e Jan Moeyaert, sotto il patronato di Herman Van Rompuy, Presidente del Consiglio d’europa. è questa la più importante manifestazione artistica e culturale che si svolge nel Nord dell’europa. essa si sviluppa come un museo a cielo aperto, in luoghi pubblici delle città costiere, come piazze, strade e spiagge, dove le opere d’arte e le installazioni di architettura, che riflettono ciò che accade sulla scena artistica europea contemporanea, vengono fruite e visitate liberamente.
Nell’ambito di questa Triennale, a Wenduine, sul tratto di costa belga, l’architetto, urbanista e artista ambientale finlandese Marco Casagrande ha presentato una singolare struttura organica, fatta di salice e sabbia, progettando un’opera raffinata attraverso cui si compie una perfetta fusione tra arte, architettura e
paesaggio. L’intervento ha ritagliato una porzione di dune del litorale, che prospetta verso il Mare del Nord, trasformandola in una nuova ed originale area ad uso pubblico, concettualmente vicina ad un percorso e allo stesso tempo ad una piazza, pensata per essere utilizzata come zona relax, luogo di incontro al riparo dal sole e dal vento, o come spazio di meditazione, date le spiccate connotazioni spirituali che la caratterizzano.
Lo spazio organico, che richiama ad un organismo vivente indefinito, simile a un verme di sabbia, come suggerisce l’Autore, è un’ampia installazione di architettura di 320 mq che sorge dalla sabbia, con altezza e
larghezza pari a 10 metri, lunga 45, realizzata completamente con tralci di vimini intrecciati manualmente, secondo la tradizione artigianale locale. L’architettura segue l’orientamento nord-sud, parallelo alla linea di costa, e presenta un grande occhio sulla sua sommità che consente l’ingresso di un pozzo di luce diretto e zenitale. La struttura è realizzata mediante uno scheletro portante/ irrigidente ad arcate successive conficcate
nelle dune, costituito da rami sovrapposti, legati e intrecciati a tutto tondo per mezzo di controventature costituite da vimini di minore sezione.
Casagrande in prima persona, insieme ai giovani architetti del suo team e ad esperti locali, ha lavorato incessantemente per quattro settimane consecutive alla realizzazione materiale dell’organismo, con l’obiettivo di creare una struttura leggera, un’architettura che aspira ad essere parte integrante del luogo e dell’ambiente, un’opera effimera, di land art, che dialoga strettamente con il paesaggio.
L’eclettico personaggio Marco Casagrande nato a Turku, in finlandia, nel 1971, laureato presso l’Università di Tecnologia di Helsinki, ha insegnato già a partire dal 2000, presso: l’Università di Tokyo Tadao Ando Laboratory; Aalto University; Helsinki University of Art and Design e Bergen School of Architecture. Ha tenuto lezioni presso l’Università di Taiwan Tamkang, e coordina il Centro Academy di ricerca Rovina a Taipei, in collaborazione con l’Università di Aalto SGT, Sustainable Global Centre Technologies.1 Già all’inizio della sua carriera Casagrande ha iniziato a mescolare l’architettura con molte altre discipline, dall’arte alla scienza, attraversando anche settori solitamente estranei all’architettura come l’arte del circo, e realizzando una serie di interessanti installazioni ecologicamente consapevoli in diversi Paesi
del mondo.
Secondo le sue complesse teorie ed il suo approccio progettuale multidisciplinare l’uomo, per essere parte della natura, deve operare in essa in modo preciso e puntuale, e con un tipo di intervento “debole” rispetto
alla sua magnificenza, forza ed energia. L’architettura è espressione ed elemento di mediazione e connessione tra l’uomo moderno e la natura.
Il costruito, pur sviluppandosi progettualmente al di fuori del luogo in cui dovrà sorgere, deve essere pensato per interagire strettamente con l’ambiente e il paesaggio, come qualcosa di artificiale che diventi parte integrante della natura, mantenendo però una propria autonomia ed una forte identità.
Il compimento di uno sviluppo urbano ecologicamente sostenibile, che possa condurre alla cosiddetta Città di terza generazione, vede il futuro sviluppo urbano come il crollo della città post industriale, e prevede un passo indietro da parte dell’essere umano, e quindi dell’architetto, nell’interazione con l’ambiente e il territorio. Tale presupposto diventa un elemento indispensabile per una rinascita della società e della città contemporanea. Per Casagrande gli architetti devono imparare a porsi in modo mistico nei confronti della natura, come se fossero degli “sciamani” che hanno il compito di interpretare e tradurre le sue indicazioni, attraverso la capacità di ascolto del luogo. Secondo queste teorizzazioni la città, ormai in degrado, proprio come un organismo vivente, è complessa, multidimensionale e derivante dalla sovrapposizione
di flussi energetici.
Casagrande riprendendo le teorizzazioni di Jaime Lerner (2), architetto, urbanista e politico brasiliano (Curitiba, 1937), ritiene che attraverso l’agopuntura urbana, cioè intervenendo in alcuni precisi punti da riqualificare, si possa ottenere un risultato di grande risanamento che si irradierà all’intera area o città, come accade con l’agopuntura tradizionale che, intervenendo in un punto dolente del corpo, permette di ottenere benefici in tutto l’organismo, partendo proprio dalla cura e guarigione di alcune sue specifiche
parti. Il principio è questo: recuperare energia da uno specifico punto dolente, rivitalizzando
il punto e l’area che lo circonda e facendo reagire, in tal modo, l’intero organismo.
La città, come il corpo umano, ha dei complessi flussi di energia. Scegliendo accuratamente dove intervenire, è possibile sbloccare i flussi negativi, e attuare un recupero urbano che permetta di attrarre la comunità in quella direzione, poiché quello specifico punto debole si trasforma in punto di forza, e si converte in un polo catalizzatore. Anziché generalizzati interventi di riqualificazione urbana a grande scala, la sua teoria predilige l’attuazione d’interventi puntuali a livello locale, capaci di attivare processi partecipativi e di coinvolgimento
della cittadinanza.
Casagrande, attraverso la realizzazione delle sue opere, ha sperimentato e confermato come gli effetti d’interventi anche di ridotte dimensioni possano avere una grande risonanza ed aprire delle nuove possibilità di risanamento urbano, perché stimolano effetti positivi a catena, in modo rapido e senza l’impiego di ingenti
risorse economiche.
Casagrande descrive la sua opera temporanea, sulle dune di Wenduine, come una “architettura debole”, frutto diretto dell’ascolto del luogo. Una realizzazione artificiale costruita con l’ausilio di soli materiali naturali,
che grazie alla sua organicità e plasticità s’inserisce senza mai prevaricare sull’ambiente e sul paesaggio, ma che anzi aspira ad essere armonicamente integrata, in piena coralità con la sinuosità delle dune per poi, nostro malgrado, essere riassorbita gradualmente dalla natura stessa. Il gioco spettacolare e scenografico
di luci e ombre mutevoli, di complesse e affascinanti proiezioni, che si crea all’interno di questo grande contenitore di vimini, grazie alle fenditure che si aprono tra gli intrecci,crea nello spazio un’atmosfera soffusa, poetica, a tratti surreale, che riporta l’attenzione del visitatore alla profonda relazione tra uomo e natura.
Nel recinto di sabbia, dalle variegate connotazioni spirituali, la luce naturale diventa fondamentale strumento espressivo del linguaggio creativo, mai completamente calcolabile e prevedibile, che sempre sorprende nella sua continua variazione di sfumature e colori, legata al mutare dell’irraggiamento solare durante le ore della giornata. Non a caso il Bernini, accanto ai sei fondamentali principi vitruviani (l’ordine, la simmetria, la disposizione, la distribuzione, l’euritmia ed il decoro) aggiunge nel 1656 “il lume”, tale è la sua rilevanza in architettura. (3)
Di per se la luce, come forma architettonica, appare inscindibile dai caratteri specifici di questa particolare architettura. Anzi, questo luogo, grazie alle emozionali gradazioni cromatiche, sembra celebrare proprio la luce, come protagonista e interprete, nelle sue molteplici sfaccettature e nelle diverse successive sequenze di irradiazione filtrata. L’opera di Casagrande lascia interdetti, stupiti, riflessivi. Ci si chiede come una tale semplicità di forma e di componenti possa creare un tale compiacimento. Di certo quest’architettura effimera, organica, fatta di luce e di ombre, costituisce realmente un’opera d’arte contemporanea.
Marta Putelli
1. Le sue opere sono state esposte per tre volte alla Biennale di Venezia di Architettura (anni 2000, 2004 e 2006), alla Biennale di Havana nel 2000, alla Biennale di Firenze 2001, alla Yokohama Triennial 2001, alla Biennale di Montreal 2002, alla Puerto Rico Biennale 2002, Demetra Hokkaido 2002, Alaska Design Forum 2003, Echigo-Tsumari Triennial 2003, Taipei on the Move 2004, London Biennale Architettura 2004, Sensoria Melbourne 2004, Taiwan Design Expo 2005, Flashes Urbani di Mumbai del 2006, 7-Eleven City 2007, World Architecture Festival 2009, Hong Kong e Shenzhen Bi-Città Biennale 2009, Victoria & Albert Museum 2010. I suoi singolari lavori sono stati premiati nel Architectural Review Emerging Architecture 1999, Premio Borromini 2000, Mies Van Der Award Rohe 2001, Lorenzo Il Premio Magnifico 2001, La Nuit Du Premio Livre 2006, World Architecture Community Awards 2009, World Architecture Festival Award 2009, Architectural Review Casa Award 2010, World Architecture Community Awards 2010.
2. Jaime Lerner, Acupuntura Urbana, editora Record, Rio de Janeiro, 2003.
3. Gian Lorenzo Bernini, Lettera di accompagnamento al Discorso sopra il Disegno della facciata del Domo di Milano, 1656.